martedì 24 dicembre 2019

La mia personale classifica del 2019

Classifica pubblicata su Pietro Saba World il 10/12/2019 Qui - Mi ero ripromesso di giocare più spesso, lo sto facendo, ma pochi sono stati i titoli a cui ho giocato quest'anno, solo 7, però ciò è dovuto anche ai titoli in questione, ovvero 2 racing game, che possono "intrattenere" molto più di quel che si prevede (in particolare se parliamo di titoli Codemasters) e soprattutto ai GDR, perché i survival horror qui presenti, in una settimana possono essere completati. Infatti, tra alcuni DLC mancanti di Borderlands, l'avventura mica da ridere di Titan Quest (chi conosce sa) e un capitolo di Assassin's Creed, che per gli adepti deve essere completato per bene (trofei e quant'altro), la mole di tempo utilizzato è stata corposa. In ogni caso 7 giochi sono sufficienti per farne una classifica (ne potrebbero bastare anche 3), per cui ecco la mia personale classifica finale del 2019, dopo quella del 2018 (qui) e delle precedenti.

7. Avventura d'azione ben restaurata ma senza brillantezza. (5,5/10)

domenica 8 dicembre 2019

Grid 2

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 21/11/2019 Qui
Genere: Racing game, simulatore di guida.
Trama: Un magnate con la passione per le automobili veloci decide di creare una nuova lega, la WSR, dove far correre i migliori piloti del mondo. Il nostro compito è quello di sfidare i più grandi club al mondo per farli partecipare alla nuova lega. Per farlo, ci muoveremo nell'arco di tre stagioni, correndo per gli Stati Uniti, Europa e Asia, per poi partecipare infine ai campionati finali.
RecensioneCodemasters (società di cui racing game sono i loro cavalli da battaglia, è loro il ritorno alle origini del rally, avvenuto con l'ottimo Dirt Rally) ha da poco commercializzato il nuovo capitolo della saga, ma prima ha deciso di pubblicare GRID 2 (ovviamente la versione base) su Steam in modo totalmente gratuito, potevo quindi io non approfittarne? Assolutamente no, e infatti, il sequel di Race Driver GRID, il sequel di un gioco che all'epoca (2008) riuscì a rapire innumerevoli fan, non me lo sono fatto scappare. No perché, non solo tra quei fan c'ero anch'io, ma perché finalmente dopo un po' di tempo dall'ultima volta, mi sono ritrovato a giocare ad un gioco di corse totalmente arcade (il suddetto evita infatti qualsiasi forma di free-roaming, optando di fatto per un comodo menu dove andare a selezionare velocemente la sfida prescelta). Un gioco che si ripropone con gli elementi che caratterizzavano il primo capitolo ma con alcune differenze, e migliorie. Innanzitutto è il più classico canovaccio del tentativo di scalata al successo ad aprirci la porta (senza dubbio il più adatto alle avventure su quattro ruote), ad aprire la porta ad una struttura di gioco abbastanza semplice. Ogni piazzamento in gara porta fan. I fan (nel mondo di GRID 2 infatti non sono i soldi a farla da padrone ma la fama del pilota, fattore cumulabile portando a casa vittorie su vittorie e completando gli obbiettivi degli sponsor) hanno un ruolo importante, poiché più ne acquisiamo più sono gli eventi in cui possiamo partecipare. Le vetture più di 50, nessuna acquistabile. Infatti, l'unico modo per acquistare altre vetture, è quello di ottenerle tramite eventi speciali. Le macchine non possono essere modificate, né al motore né alla scocca, ma possiamo aggiungere decalcomanie e disegni sulle livree delle stesse. Ecco nuovamente invece il sistema del Flashback, infatti, tramite l'apposito tasto possiamo riavvolgere il tempo (molto utile nei casi in cui abbiamo un incidente o sbagliamo qualcosa). Possiamo usare il Flashback al massimo cinque volte, quindi bisogna dosarlo per bene durante l'arco della gara. La durata della carriera si attesta sulle 20 ore di gioco. L'Intelligenza artificiale dei piloti avversari (ognuno provvisto di nome e cognome) risulta efficiente, dando al giocatore un livello di sfida decisamente alto. Difatti i piloti si comportano in maniera realistica, cercando in tutti i modi di ostacolarci. Le location di gioco sono una dozzina o giù di lì, si va da Parigi alla Costa Azzurra, da Dubai a Barcellona.

martedì 22 ottobre 2019

Borderlands: The Handsome Collection

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/10/2019 Qui - Preciso subito (anche se per chi bazzica nel mondo videoludico di ciò ne sarà già a conoscenza) che questa non è una recensione di un gioco ma di contenuti, di una raccolta di videogiochi (ecco perché ho scelto di non usare il nuovo format recensionistico), una raccolta sviluppata da Gearbox Software e pubblicata da 2K Games che contiene i videogiochi Borderlands 2 e Borderlands: The Pre-Sequel completamente rimasterizzati con l'aggiunta di tutti i DLC. Una raccolta, uscita sì nel 2015, ma resa gratuita quest'estate (e per tutte le piattaforme, ma solo per chi aveva già qualcosa del franchise) in occasione dell'uscita del terzo capitolo (a tal proposito bellissima sorpresa come vedremo dopo), che, soprattutto per chi non aveva tutti i DLC (come me), ha permesso di completare l'esperienza di gioco. Sì, perché una delle cose più fantastiche di questa The Handsome Collection è proprio il fatto che entrambi i giochi sono proposti con tutti, ma proprio tutti, i DLC usciti. Una cosa abbastanza normale per remaster e collection varie, ma nel caso della serie Borderlands, si parla di una mole assurda di contenuti, e spesso di ottima qualità. Gearbox è famosa per una cura dei DLC davvero notevole, con avventure secondarie che aggiungono elementi interessanti e ben si integrano nella campagna del gioco base e nello sviluppo dei personaggi (a proposito di personaggi, sia per Borderlands 2 che per Borderlands: The Pre-Sequel è possibile selezionare fin da subito le classi che sono state distribuite digitalmente in un secondo momento, il che porta il numero totale di classi selezionabili immediatamente a 6 per ciascun gioco), e qui lo dimostra. Infatti, il tutto garantisce un alto numero di ore di gioco, tra single player e co-op (sia online che in split screen, fino a quattro giocatori), sia per i cacciatori di Trofei e Obiettivi, visto che le liste degli achievement sono separate da quelle dei giochi originali e comprendono, chiaramente, sia quelle dei giochi base, sia quelle dei DLC, sia per chi non ha mai giocato ad un titolo della serie (persone a cui è soprattutto rivolta questa collection, anche se, come detto, come nel mio caso, non è detto sia così). Quest'ultimi comunque che, senza il primo capitolo (che qui appunto non c'è) fortunatamente non si perdono tanto a livello di trama, anzi, si troverà a suo agio dopo qualche ora di gioco. A tal proposito si ricordi che Borderlands, in tutte le sue accezioni, è uno sparatutto in prima persona, a metà tra l'open world ed il gioco di ruolo, che sfrutta una struttura di gioco ormai collaudata. In tal senso controlli e gameplay sono rimasti chiaramente pressoché invariati. La qualità dei due giochi, infine, è notevole.

martedì 17 settembre 2019

Assassin's Creed: Unity

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 22/08/2019 Qui
Genere: Ottavo capitolo della serie action/adventure Ubisoft, una delle serie di videogiochi più conosciute al mondo.
Trama: Nella Parigi ai tempi della Rivoluzione Francese, continua l'interminabile lotta tra Templari ed Assassini, questa volta ad opporsi ai primi un giovane ragazzo che, in cerca della verità (sulla morte del padre), si ritroverà ad essere reclutato nelle file dell'organizzazione per fare giustizia.
Recensione: Sembra passata un'eternità, ma sono passati solo quattro mesi da quando la cattedrale di Notre-Dame andò parzialmente a fuoco. In quei giorni tanti messaggi di solidarietà, e tante promesse di donazioni. Alcune infrante, alcune proprio no, anzi, solo pochi giorni dopo la società francese/canadese Ubisoft, non solo donò 500 mila euro alla città di Parigi, ma rese disponibile (per un periodo di tempo) gratuitamente su PC Assassin's Creed: Unity, in modo tale da permettere a tutti di godere del bellissimo monumento, anche solo virtualmente. Il gioco infatti, che prontamente scaricai, ambientato proprio a Parigi, permetteva al giocatore di entrare dentro e scalarla (cosa che ovviamente ho fatto, ed è stato bello). E così che ho recuperato il capitolo successivo di Black Flag (a cui ho giocato per la prima volta solo l'anno scorso), anche se tecnicamente il sequel diretto è Assassin's Creed: Rogue (com'è ovvio sarà il prossimo capitolo su cui mettere le mani) che, seppur uscito in contemporanea con Unity nel novembre del 2014, fu reso disponibile per PC, al contrario di questo che oggi recensisco, solo l'anno dopo. Un capitolo questo, l'ottavo (il settimo ex-aequo) che, dopo tanti episodi "fotocopia", doveva cambiare finalmente rotta. Infatti, la speranza che fosse finalmente arrivato il momento di una vera svolta c'era. C'era, perché la serie di Assassin's Creed aveva cominciato a scricchiolare già da qualche tempo, troppo ancorata ai suoi stilemi e poco coraggiosa. Assassin's Creed IV: Black Flag, allontanandosi un po' dal solito schema, era difatti ciò che ci voleva per spezzare la monotonia ormai quasi sfibrante. La sorpresa fu che il gioco, preso a sé stante, si dimostrò decisamente divertente e appassionante, ben più del controverso Assassin's Creed III. Con Assassin's Creed: Unity, Ubisoft abbandona i mari (che ritroverò comunque in Assassin's Creed: Rogue) e riporta le gesta degli assassini alle origini, confezionando così un'avventura classica, che sarà riuscito però a dare nuova (anzi, vecchia) linfa al franchise? La formula funziona ancora? Ebbene secondo il mio modesto parere sì, ma con riserva, anzi, con più riserve, perché in parte delude. Ma andiamo con ordine. Come tutti dovreste aver capito, Assassin's Creed: Unity è ambientato nella Parigi di fine 1700, ai tempi della Rivoluzione francese. Un periodo storico interessantissimo, ricco di materiale pronto per essere sfruttato. E invece Assassin's Creed: Unity lascia la Storia sullo sfondo, concentrandosi sulle sempre più noiose scaramucce tra Templari e Assassini. Non che in questo ci sia qualcosa di male, in fondo la secolare guerra tra le due fazioni è alla base della saga, ma purtroppo più si va avanti e meno sembra che questo conflitto abbia qualcosa di concreto da dire. Il plot è noioso e ben poco entusiasmante. È il solito pretesto per portare il giocatore da qualche parte nella storia. A essere sinceri, la trama (altalenante nella qualità e guidata dal desiderio di vendetta di Arno) di Unity non è riuscita a coinvolgermi in praticamente alcun modo. È trascurabile e poco importante.

domenica 11 agosto 2019

Geekoni Film Festival: Un maggiolino tutto matto (1968)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 01/08/2019 Qui
Tema e genere: Commedia divertente e spensierata ambientata nel mondo delle corse automobilistiche.
Trama: Jim Douglas è un pilota ormai a fine carriera, che nelle ultime apparizioni ha distrutto le sue auto in gara. Con l'inseparabile amico Tennessee si reca quindi dal concessionario di lusso di Peter Thorndyke, uscendone però con un maggiolino bianco un po' particolare.
Recensione: E' notizia fresca che la Volkswagen abbia terminato la produzione del Maggiolino, probabilmente l'automobile più famosa al mondo, e in tal senso Herbie ha contribuito in maniera significativa (ma non poi decisiva) a perpetuarne il mito. Un mito che continuerà comunque e sempre a vivere appunto grazie alla pellicola Un maggiolino tutto matto del 1968, interpretata dal compianto Dean Jones, che ci ha lasciati quasi quattro anni fa ed a cui ho anche dedicato un post all'epoca della sua triste dipartita (qui), e prodotta dalla Disney che guarda caso ha fatto epoca per aver imposto qui da noi il termine "maggiolino" a indicare l'auto più venduta probabilmente di sempre (facendolo così entrare nell'immaginario collettivo). E pensare che son passati 51 anni dall'uscita di The Love Bug, classico film stile Disney (ovvero caratterizzato dalla leggerezza dei toni e dal ritmo scatenato) diretto da Robert Stevenson e primo episodio di una fortunatissima saga, anche se tre seguiti ed un remake tutti inferiori al primo capitolo, quest'ultimo soprattutto leggermente deludente e non all'altezza delle aspettative. Eppure ancora oggi a più di cinquant'anni dalla sua uscita, Un maggiolino tutto matto è il classico film per ragazzi (non a caso l'ho scelto per partecipare alla seconda edizione, qui la prima, del Geekoni Film Festival, la rassegna cinematografica dedicata appunto ai film per ragazzi più belli e preferiti di sempre) dove tutto funziona. Va da sé che la visione del film porti ondate di piacevoli ricordi, ma è innegabile non dare ad Herbie (che se si arrabbia son guai) quello che è di Herbie (la "prima" automobile capace di sentimenti umani), dopotutto la comicità slapstick con una live car è, per l'epoca, un vero colpo di genio. Film leggero e divertente, per tutti dunque, ed originale, è stato infatti questo film a lanciare l'idea di una macchina dotata vita propria. Tema ripreso più tardi poi da altri film molto più inquietanti quali La Macchina Nera e Christine - La Macchina Infernale. Comunque, questo simpatico maggiolino che si guida da solo e (come detto) può anche arrabbiarsi e combinarne di tutti i colori a chi gli sta antipatico strappa sicuramente molte risate ad un pubblico senza troppe pretese. Il film ci propone poi ottime inquadrature, soprattutto nelle sequenze delle gare e splendidi modelli di auto presentati. Sicuramente sono stati impiegati grandi mezzi per questo film, per non parlare delle auto che avranno distrutto per la sua realizzazione. Gli attori sono rodati per film di questo genere, Dean Jones a parte (che diamo per assodato) pensiamo al solo David Tomlinson che compare in capisaldi come Mary Poppins e Pomi d'ottone e manici di scopa. Tutto questo rende Un maggiolino tutto matto (diventato col tempo una sorta di classico, un evergreen che non invecchia mai) un film sicuramente apprezzabile anche oggi, ad oltre mezzo secolo dalla sua uscita. Infatti, potrei stare a vedere questo film per giorni e giorni senza accusare il benché minimo segno di stanchezza. Un po' come quando ero piccolo, quando i film del ciclo di Herbie passavano spesso e volentieri per i palinsesti televisivi e non come semplici riempitivi, in un'epoca in cui i film venivano trasmessi sulle tv con una frequenza molto maggiore. E non ne perdevo uno, ogni volta che li trasmettevano ero pronto a rivederli per l'ennesima volta. E anche adesso che lo vedo con una certa maturità non è cambiato nulla, è sempre divertente. Perché questo bellissimo film per tutte le stagioni ha una storia semplice, ha corse divertenti tra sabotaggi, stranezze e finali di corsa strampalati (simili alle Wacky Races, serie a cartoni che si affacciava in tv proprio lo stesso anno), e ha il lieto fine (d'altri tempi) assicurato. Non un capolavoro, anzi, ma sicuramente godibile, il film infatti scorre senza intoppi, regalando al pubblico divertimento e tanto altro (anche perché così tanto scemo il film non è, alcuni temi non sono per niente "leggeri"), e ben fatto, anche se sono evidenti errori tecnici di montaggio e qualche altro particolare che fa vedere i suoi anni. Però tutto è perdonabile visto il target (anche se è per tutti ma proprio tutti) e visto la natura di questa pellicola, una pellicola che fa bene al cuore ed alla testa.

venerdì 19 luglio 2019

Titan Quest Anniversary Edition

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/07/2019 Qui
GenereTitan Quest Anniversary Edition è un gioco di ruolo d'azione in terza persona con ambientazione mitologica. Il giocatore veste i panni di un eroe, o di un'eroina, con la missione di salvare il mondo da gorgoni, minotauri, arpie e altre creature poco amichevoli, finite al soldo dei titani. Il tutto si traduce nel classico ottenere quest nelle città per partire poi all'avventura nelle ampie mappe che compongono il mondo di gioco.
Trama: Pur partendo da uno spunto interessante, la trama si rivela presto essere soltanto un mero pretesto per spingerci a massacrare orde di nemici come in qualsiasi altro gioco di questo genere. Un breve filmato introduttivo ci introduce alla vicenda, spiegandoci come un potere oscuro stia minacciando il mondo, impedendo la comunicazione fra il genere umano e gli Dei. Questo ha portato al proliferare sulla Terra di creature ancestrali ed ostili, le quali minacciano costantemente il proliferare della civiltà. Spetterà al nostro eroe il compito di salvare baracca e burattini, partendo per una missione che vede come obiettivo quello di sconfiggere i Titani colpevoli del misfatto.
Recensione: All'incirca tredici anni fa faceva la sua comparsa Titan Quest, un action RPG con visuale dall'alto che cercava di diventare una valida alternativa a tanti altri hack and slash dell'epoca. Complice un periodo di magra per il genere, il titolo di Iron Lore fu accolto più che discretamente da giocatori e stampa specializzata. Grazie alla maggiore enfasi sul lato narrativo, unito a nemici e ambientazioni sempre più d'impatto, che vanno dalla Grecia, all'Egitto fino all'Estremo Oriente, Titan Quest è pian piano diventato una pietra miliare. Nonostante la mancanza di una vera innovazione delle meccaniche, dove si "macinano" nemici su nemici per completare le missioni, ottenere equipaggiamento sempre migliore e avanzare nell'avventura, il gioco ha racimolato nel tempo una schiera non indifferente di appassionati. Peccato solo che fu fin troppo sottovalutato all'epoca. Infatti nel 2006 Titan Quest non aveva avuto il successo sperato, di conseguenza la Iron Lore era fallita. Successivamente i diritti del gioco sono stati acquistati dalla THQ Nordic che ha dato una spinta agli sviluppatori convincendoli a mettersi nuovamente in gioco con questo titolo. Come? Non tramite una rimasterizzazione. Non possiamo infatti parlare di una vera e propria versione rimasterizzata in questo Titan Quest Anniversary Edition, ben sì di una rivisitazione del gioco che offre tantissimi cambiamenti. Innanzitutto questo Titan Quest Anniversary Edition comprende anche il DLC: Immortal Throne che va ad aggiungere svariate ore di gioco fino ad arrivare a un complessivo di settanta ore per finire Titan Quest (senza contare la ore per trovare alcuni degli oggetti nascosti), esistono ancora giochi che durano più di dieci ore di gioco. La risoluzione di gioco è stata resa scalabile fino al più usato 1920 x 1080, cosa molto utile ai fini della giocabilità e della visibilità degli oggetti, risulta piacevole da vedere e il gameplay ne giova molto, soprattutto il combattimento. Il livello di difficoltà è stato leggermente aumentato per regalare ai videogiocatori un più alto livello di sfida e sono state aggiunte tantissime novità a livello di boss e oggetti da trovare. La storia rimane la stessa, ma la sostanza è molto più soddisfacente. Anche se nelle fasi iniziali la narrazione è lenta, ci vorrà qualche ora per arrivare al nocciolo della questione, ma, anche così, non si può certo dire che le vicende narrate siano particolarmente interessanti. La presenza di personaggi storici come Re Leonida o di luoghi affascinanti come le città di Melfi e Corinto, inserite nel primo atto del gioco, non viene sfruttata a dovere, rendendo l'intero canovaccio un'incessante avanzata da un luogo all'altro, privo di guizzi particolarmente interessanti. Da un gioco di ruolo hack and slash, forse, non ci si poteva aspettare molto di più, ma è comunque un peccato vedere come tutti gli spunti offerti dalle mitologie dell'antichità siano andate (nuovamente) sprecate dal punto di vista narrativo (per quanto riguarda il lato estetico, invece, è tutto un altro discorso, fortunatamente).

Amnesia: A Machine for Pigs

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/07/2019 Qui
GenereAmnesia: A Machine for Pigs è un survival horror in prima persona sviluppato dalla compagnia indipendente britannica The Chinese Room nel 2013, alla quale toccò il compito di dare un seguito al primo Amnesia, The Dark Descent, prodotto dalla Frictional Games nel 2010.
Trama: Il protagonista del quale si vestono i panni è il ricco industriale Oswald Mandus, che si risveglia privo di memoria nella sua dimora londinese, nel capodanno del 1899. Il protagonista parte alla ricerca dei suoi due figli, e nel suo viaggio attraversa l'enorme impianto sotterraneo che costituisce il cuore della sua industria. Proprietario di un mattatoio, Mandus ha infatti iniziato la costruzione di una Macchina dopo una misteriosa spedizione in Sud America. Nell'esplorazione dei livelli vengono raccolti abbastanza indizi per ricostruire una storia complicata e volutamente confusa, che fa riferimento agli orrori del XIX secolo rappresentando un'umanità mandata al macello dalla Macchina, inserendo l'orrore in un contesto steampunk vittoriano.
Recensione: Non era assolutamente facile realizzare il seguito di uno dei videogiochi più spaventosi di sempre, ed infatti colpa di alcuni cambiamenti produttivi e non, qualcosa non ha funzionato in A Machine for Pigs. Come il suo predecessore, egli si basa infatti sull'esplorazione di ambienti oscuri in cui risolvere piccoli enigmi, senza che vi sia alcuna possibilità di combattere i mostri, i quali sono particolarmente attratti dalla lanterna che avrete sempre con voi. Tutto ciò che potete fare è fuggire il più lontano possibile, alla cieca, mentre cercate di non farvi venire un infarto. Ma al contrario appunto del precedente, si ha la sensazione di giocare sì ad un gioco horror, ma non nel senso stretto del termine, diciamo più di terrore e sicuramente poco survival. Le differenze (positive in alcuni casi, negative in altre) col precedente capitolo della saga sono difatti piuttosto evidenti non solo dal punto di vista della sceneggiatura, ma anche da altro. La principale differenza sta in una sorta di, passatemi il termine, "casualizzazione" del gameplay operata dai Chinese Room (la nuova compagnia di produzione), che hanno eliminato alcuni dei tratti distintivi che avevano fatto la fortuna di Amnesia. Il primo a farne le spese è stato il sanity meter. Il protagonista può tranquillamente guardare in faccia gli orrori che gli si parano di fronte senza battere ciglio e passeggia nelle tenebre come se stesse andando a funghi. Questo, senza svelarvi niente, è in parte è giustificato dal suo background e dalla storia, basata maggiormente sul concetto di disumanizzazione dell'individuo nell'era della rivoluzione industriale che sul classico orrore senza nome che cerca di banchettare con la vostra carcassa, ma inevitabilmente finisce per togliere al gioco una delle caratteristiche più interessanti. Spariscono anche l'indicatore della salute, l'inventario e la possibilità di raccogliere e combinare oggetti, ma rimane il collezionare una serie di note che fanno da commento alla storia, che permettono a Mandus di recuperare la propria memoria e a noi di capire cosa gli sta passando per la testa. Questi cambiamenti hanno come risultato l'inevitabile impoverimento dei puzzle e, più in generale, dell'esplorazione. Tutto si risolve quasi sempre tirando una leva o posizionando al proprio posto un oggetto in giro per la stanza. Raramente il gioco porta a dover esplorare l'ambiente intorno, che difficilmente è qualcosa di più di un corridoio abilmente mascherato. Giocare a A Machine for Pigs è insomma un'esperienza molto più lineare rispetto al suo predecessore, terrificante, angosciante e ben scritta, ma lineare. Anche sugli spaventi ci sarebbe qualcosa da dire. Infatti la sensazione di pericolo è decisamente inferiore rispetto al passato. Ciò in parte è da imputare all'aspetto dei mostri, che per quanto brutti e aggressivi non sono certo spaventosi e determinati come quelli di The Dark Descent. Non ci seguono con la stessa cieca determinazione, non si è costretti a fuggire lontanissimi, bloccando ogni porta alle spalle, e si può tranquillamente guardare dove si trovano per evitarli. Anche se dover spegnere la luce per non farsi vedere porta a passare molto tempo al buio, con solo i loro grugniti a fare compagnia. Attenzione però, questo non vuol dire che A Machine for Pigs sia una passeggiata di salute, è comunque un titolo in cui lo spavento e la tensione sono abbondantemente sopra la media, e che pur avendo sacrificato qualche componente importante sul piano del gioco, ha guadagnato dal punto di vista della narrazione. L'unico vero motivo che mi ha spinto farmi una passeggiata a braccetto con le mie paure è stato infatti il voler scoprire la storia di Mandus, cosa si nascondeva dietro le sue visioni, che fine avevano fatto i suoi figli e, soprattutto, capire cosa sarebbe successo attivando il macchinario.

Amnesia: The Dark Descent

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/07/2019 Qui
GenereAmnesia: The Dark Descent è un gioco di genere survival horror prodotto dalla Frictional GamesAmnesia, ispirato al racconto "L'estraneo" di Lovecraft, uscì nel 2010 su piattaforma Steam per PC e successivamente portato anche su sistemi operativi Mac e GNU/Linux.
Trama: Daniel, un ragazzo londinese, si sveglia in una grande sala di un castello lugubre e buio. Non ricorda nulla: né dove si trovi né perché si trovi lì, ricorda solo il suo nome. Seguendo delle tracce raggiunge delle lettere che si scrisse lui stesso prima di bere la pozione Amnesia per perdere la memoria. Scopre così di essere inseguito da un'entità immateriale e immortale, ma al contempo molto pericolosa: l'Ombra. Non può combatterla, può solo cercare di sfuggire da lei e dai suoi servi che vagano per il castello di Brannenburg. Il suo scopo è quello di sconfiggere il conte Alexander prima che ottenga la vita eterna e per farlo dovrà esplorare il castello, trovandosi faccia a faccia con i terribili ricordi nascosti nella sua mente che l'hanno spinto a dimenticare.
Recensione: Il gioco mi è piaciuto veramente molto per degli aspetti che non avevo mai incontrato prima in altri giochi (anche se di giochi simili mai giocato, a parte adventure di altro genere ed a parte Alien vs Predator che era però anche un FPS, così come lo erano Left 4 DeadDead Island e Dead Space) e che contribuiscono a favorire il suo lato horror: per esempio l'aggiunta dello stato di sanità mentale dove il povero Daniel, se lo lascerete camminare al buio, andrà fuori di testa e comincerà a vedere tutto sempre più distorto fino ad accasciarsi al suolo con un fischio continuo finché non troverete una fonte di luce da fissare. Poi il fatto di essere in prima persona e avendo il puntatore a "manine" che a seconda del tipo di mano che compare puoi compiere diverse azioni (raccogliere, spostare, ruotare), c'è una grossa interazione con la maggior parte degli oggetti che si trovano in giro: si può infatti prendere in mano quasi tutto quello che troviamo, trasportarlo in giro, ruotarlo per posizionarlo come vogliamo e anche lanciarlo via (mi divertivo troppo quando entravo in una stanza per cercare qualcosa e prendevo tutte le sedie le casse e i barili e le lanciavo via solo per fare casino, oppure, cosa molto più utile, per barricare la porta in modo che il mostro non entrasse). Ma forse la cosa che ho apprezzato di più è appunto che tramite questa interazione con gli oggetti si può afferrare una porta e tenendo premuto il tasto del mouse, possiamo noi stessi scegliere di quanto aprirla se vogliamo prima osservare cosa c'è dall'altra parte. Stessa cosa anche con tutti i cassetti e soprattutto con le ante degli armadi quando ci nascondiamo dentro. Inoltre ci si può sporgere di lato e per esempio guardare dietro l'angolo alla fine di ogni corridoio. Infine la cosa che caratterizza questo gioco è il fatto di poter usare la propria mano solo per tenere la lanterna (ulteriore causa di panico quando l'olio sta per finire) ma non per usare armi. Quindi quando disgraziatamente si incontra una di quei vomitevoli mostri, o gli lanciate dietro la prima cosa che trovate (ma non ve lo consiglio perché sarebbe solo una perdita di tempo) oppure, scappate correndo come dei deficienti (non sto a raccontarvi tutto, ma quando si sente il verso del Brute si fa prima a suicidarsi). Passando ad alcune piccole critiche a questo gioco, gioco avuto in regalo quasi un anno fa da Steam ma solo adesso rispolverato, ho trovato un po' pallosetto dovermi leggere tutte le lettere che trovavo per capirci qualcosa della storia (infatti qualche punto me lo sono perso perché non avevo voglia di leggere). A proposito di storia, per certi versi la trama è abbastanza insignificante, con una totale assenza di climax, colpi di scena e lineare sia nelle atmosfere che nei contenuti dall'inizio alla fine, ma sviscerarla a fondo è comunque abbastanza interessante. Inoltre anche devo dire che mi immaginavo qualche scena di terrore in più. Ce ne sono state parecchie certo, una in particolare me la faccio addosso ogni volta che la rifaccio, però c'è stata buona parte del gioco in cui c'era solo l'ansia di trovare qualcosa quando alla fine era tutto tranquillo. In generale, però, non si tratta di difetti talmente gravi da rovinare il tutto: The Dark Descent è comunque un grandioso horror adventure.

venerdì 21 giugno 2019

Dirt Rally


Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 28/05/2019 Qui
Genere: Racing Game.
Trama: Essendo un racing game l'obbiettivo è essere semplicemente il più veloce.
Recensione: Sono sempre stato un fan dei giochi di rally, ma soprattutto dei racing game. Ho iniziato da TOCA ed ho continuato con Need for Speed in primis, per poi arrivare agli storici titoli dedicati al compianto campione Colin McRae (che è un po' il padre spirituale di Dirt, sempre di casa Codemasters). Dirt Rally è però un gioco diverso da tutti questi elencati, forse da tutti i giochi di rally in generale. Infatti, rispetto ai precedenti titoli, validi ma un po' troppo arcade, difatti a differenza degli altri capitoli della serie DiRT, dove insomma erano presenti gimcane, inviti continui alle derapate e diverse specialità che nella vita reale si vedono fare a virtuosi delle quattro ruote come Ken Block, questa nuova incarnazione rappresenta tutto sommato un gradevole ritorno alle origini, ovvero a quel modo di interpretare questo sport che apparteneva al glorioso Colin McRae Rally, dove la sfida era soprattutto contro se stessi, Dirt Rally rappresenta di fatto una lettera d'amore ai giochi di corse di qualche generazione fa (sebbene comunque qui sono presenti dei circuiti Rally Cross in cui bisogna gareggiare fisicamente contro altre vetture). In tal senso, non è un gioco immediato, basta poco per capire come funziona, ma ci vuole molta dedizione per padroneggiarlo. La pratica in Dirt Rally è davvero tutto. Nelle prime gare, sarà normale fare delle uscite di strada o girarci in curva durante una derapata. Inizialmente potrebbe capitarci per colpa dell'inesperienza, di arrivare al traguardo con la macchina molto scassata o addirittura arrivarci praticamente con il solo volante in mano. Il bello di questo capitolo di Dirt Rally è che ogni macchina reagisce in modo diverso ai terreni e alle sue stesse prestazioni, quindi, per ogni macchina sarà necessario prenderci confidenza almeno inizialmente. Anche la macchina più difficile da tenere in strada con il tempo, riusciremo a maneggiarla piuttosto bene. Oltre all'allenamento nella guida e a saper conoscere come guidare ogni macchina che avremo a disposizione, anche il dover conoscere le piste è fondamentale per potersi piazzare sul podio ad ogni gara, e a fine campionato, passando così di livello. Poche piste, ma veramente belle e impegnative.

lunedì 13 maggio 2019

Quella volta che ho conosciuto Nicola Legrottaglie

Post pubblicato su Pietro Saba World il 24/12/2018 Qui - Domani si festeggia il santo Natale. Qualche giorno fa partecipavo al Tag di Moz sui Natali del passato (qui), ma ho omesso di raccontarvene uno a cui sono particolarmente legato. Non so se ha prevalso il pudore, o la gelosia di un ricordo che fosse solo mio, ma poi la nostra/mia amica Claudia (venuta a conoscenza di ciò durante una gioviale conversazione), mi ha convinto a scrivere questo post, e così ho fatto. Era il 2003 e, come ogni sera, armeggiavo al mio pc, quando d'improvviso suonò il campanello. Mia madre mi aveva convinto ad indossare quell'odioso maglione elegantino, dicendomi che sarebbero passati a trovarci dei parenti. Così, restai concentrato sullo schermo, finché non sentii una voce maschile che domandava "quindi tu sei Pietro! Ciao!". Mi voltai e restai pietrificato. Era Nicola Legrottaglie, nuovo campione della mia Juventus che quell'anno regalò ai suoi nuovi tifosi una gioia, una piccola vendetta dopo la scottante sconfitta subita mesi prima dalla stessa squadra con cui segnò all'ultimo secondo il gol che avrebbe poi portato la sfida (poi fortunatamente vinta) ai rigori, passato da casa per conoscermi. Con la complicità del sindaco, e di un assessore, i miei genitori avevano deciso di regalarmi un sogno. E ci erano riusciti. E niente, ricordo quella sera come una delle più emozionanti della mia vita, anche se avrei preferito la visita del Capitano, ma tant'è la sua visita gradita esaudì quel piccolo sogno, il sogno che ogni appassionato di calcio vorrebbe venisse esaudito (l'incontro con un giocatore della sua amata squadra), un sogno come quello che avevamo io e Claudia di incontrarci (vista la mia condizione non esattamente "normale", ovvero questa qui), e così è stato settimana scorsa, quando è stato esaudito questo piccolo desiderio (altresì emozionante, come documentato da lei qui) di e per Natale. A tal proposito auguro ad ognuno di voi che mi seguite di realizzare i vostri sogni e di passare un felice e sereno Natale.

La mia personale classifica del 2018

Classifica pubblicata su Pietro Saba World il 13/12/2018 Qui - Avrei voluto quest'anno giocare a più titoli, giacché l'anno scorso riuscii a giocare ad un paio di giochi in più, ma sono comunque soddisfatto di essere riuscito almeno a giocare ad un numero di titoli sufficiente per stilare una classifica, classifica che dopo quella del 2017 (qui), non poteva di certo mancare. E quindi eccola qui la "nuova" classifica. Classifica che come dovreste sapere non contiene giochi del tutto recenti (tranne uno), ma tuttavia giochi a cui ho giocato con piacere, anzi, quest'anno fortunatamente nessuno sotto la sufficienza, e quindi con grande soddisfazione ecco "La mia personale classifica del 2018".


8. Intrattenimento non eccezionale ma sufficientemente piacevole, originale e adrenalinico. (6+/10)

domenica 12 maggio 2019

Geek League: Geekmas - La mia letterina nerd & speciale Topolino

Post pubblicato su Pietro Saba World il 10/12/2018 Qui - "Si respira aria di festa, a Geek City: anche per i membri della Geek League, miracolosamente liberi da missioni e team up, sta per arrivare il Natale. E la festa si fa ancora più grande, con l'arrivo di una tag di Riccardo, aka Riky Smash-knees, che invita l'intera League a parlare della magia del Natale. Ma quando i nostri eroi si mettono al computer per partecipare alla tag, ecco che scatta una trappola: l'invito non veniva da Riki, ma da un nemico misterioso, che riporta ogni membro dell'intera squadra all'età di sei anni! Chi mai salverà Geek City, ora che i suoi difensori sono troppo impegnati a scrivere le letterine per Babbo Natale?" Caro Babbo Natale, dovresti sapere che non ho mai chiesto niente che non mi potessi portare, ma sai quest'anno cosa vorrei? Sì, era già chiaro quando vidi il film, quando vidi Big Hero 6 la prima volta, quando vidi questo buffo e pacioccoso (ma non solo) compagno d'avventure che tutti vorrebbero al proprio fianco, ebbene vorrei un Baymax tutto mio, uno vero però. Chiedo forse troppo? Probabilmente sì, ma tu sei Babbo Natale, e tutto puoi, quindi mi raccomando.

Just Cause 3 XL

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 04/12/2018 Qui - Ho aspettato il Black Friday per acquistare, poiché quasi a secco di titoli, un po' di giochi nuovi, ma purtroppo non ho trovato nessuna strabiliante offerta ed ho dovuto per il momento rinunciare. Per il momento perché il periodo natalizio sta per arrivare e quasi certamente grandi sconti fioccheranno. Ma nel frattempo che ciò accada, ho giocato (anche se in verità è già da un mese e mezzo che ci gioco) ad un titolo che avevo già in libreria, acquistato precedentemente ad un prezzo vantaggioso. Un gioco che aspettavo da tempo, poiché il capitolo precedente a questo di cui oggi vi parlerò, è stato uno dei giochi a cui ho dedicato più tempo negli ultimi anni, per cui non vedevo l'ora di giocarci. E così che finalmente grazie a Steam ho potuto acquistare e giocare, e nella versione ultima e completa, appunto denominata come da titolo XL, versione che comprendendo alcuni DLC ne aumentano ancor di più l'esperienza (già elevata) di gioco (così tanto che il titolo acquisisce mezzo voto in più, perché pur usando gli stessi elementi della versione base, le nuove missioni, più difficili ed incredibili, e tanto altro, convincono ed entusiasmano), a Just Cause 3. Già, per chi lo conosce, uno dei giochi più folli, longevi e distruttivi di sempre. Uno dei free roaming, open world o sandbox che dir si voglia (ci sono infatti elementi dei tre "generi" simili ma comunque diversi in questo titolo), più vasti e in cui cazzeggiare e distruggere viene naturale, anzi, se c'è una cosa in cui Just Cause 3 eccelle (anche se i difetti ci sono comunque) è il "giocazzeggio", e dopotutto non potrebbe non essere altrimenti. Infatti chi approccia Just Cause 3 con l'idea di avere a portata di mano un gioco di cui approfittare di tanto in tanto per farci un giro e divertirsi per due o tre ore di fila a scatenare tutta la distruzione che il prodotto consente, fa la cosa giusta. Difatti da questo punto di vista, il nuovo capitolo delle avventure di Rico Rodriguez è fenomenale. Il punto, però, è che Just Cause 3 viene a mancare in elementi che ormai siamo abituati ad apprezzare anche in giochi fortemente open world o free roaming. Giochi capaci di offrire grande libertà al giocatore, ma senza tralasciare il fascino di una bella trama da seguire, o di un'ambientazione curata in modo convincente. Componenti che in Just Cause 3 latitano pesantemente, anche se con le dovute precisazioni.

Very Pop Blog - I miei Natali del passato

Post pubblicato su Pietro Saba World il 28/11/2018 Qui - All'inizio avevo deciso, memore di un Tag simile sul Natale proposto l'anno scorso (qui), di non partecipare quest'anno a nessun Tag a tema natalizio, ma poi visto che ho partecipato sempre volentieri a tutti i Tag proposti dal Moz O'Clock e visto soprattutto la nomination ricevuta proprio ieri dalla carissima Claudia, non ho potuto dire di no. E così eccomi oggi continuare a raccontare, meglio ricordare, atmosfere di un tempo trascorso, al di là delle epoche vissute. Sì perché dopo aver raccontato i nostri/miei anni '80, i nostri/miei anni '90, le nostre/mie estati del passato, oggi parliamo/parlo del Natale vissuto durante la giovinezza. Come? Semplice, grazie appunto al Tag "Very Pop Blog", un Tag, di cui immagine si può usare quella che più ci piace o più semplicemente riproporre quella dell'originale, che consiste in: 1) Elencare tutto ciò che è stato un simbolo dei nostri Natali del passato, in base ai vari macroargomenti forniti; 2) Avvisare Moz dell'eventuale post realizzato, contattandolo in privato o lasciando un commento a https://mikimoz.blogspot.com/2018/11/natali-da-bambini.html ; 3) taggare altri cinque bloggers, avvisandoli (su quest'ultimo punto però devo declinare, perché ormai ho rinunciato da tempo a fare nomination, e tuttavia anche senza nomination ognuno è libero di riproporlo se vuole nei loro rispettivi blog). Ebbene, ecco le mie risposte.

Hallowgeek 2018: La paura fa novanta VIII

Post pubblicato su Pietro Saba World il 31/10/2018 Qui - Avevo già in programma anche quest'anno di proporre la recensione di un film adatto e da consigliare per Halloween, e il programma sarà rispettato, anche se con un po' di ritardo e con un orario differente dalla consueta pubblicazione, ovvero nel primo pomeriggio di oggi, perché prima devo, con questo post a tema, rispondere alla convocazione della Geek League, combriccola di blogger che ha pensato bene di proporre per questa speciale giornata una rassegna di episodi speciali di una serie (animata e non) a tema Halloween da esaminare. E così, sapendo bene che, se c'è una serie in cui è facile pescare a piene mani nel suddetto tema, quella è I Simpson, ho scelto di prendere ad esamina una puntata dei classici annuali di questa straordinaria serie animata, annuali Halloween Special che in America vanno tanto di moda. E così, memore di aver già nominato la puntata speciale de La paura fa novanta VIII del 1997 in occasione della recensione nella Notte Horror del film La Mosca, ho scelto proprio quella per rispondere alla chiamata. Se infatti conoscete almeno un pochino il mondo simpsoniano, sapete che uno no degli elementi che compongono il grandioso successo degli speciali di Halloween de "I Simpson", è l'intelligente uso di citazioni di grandi film. A tal proposito se volete scoprire di più, anche sulla puntata in questione della nona stagione, e conoscere tutte le citazioni od informazioni, questo è il link su cui cliccare, questo è il blog su cui bazzicare, quello di Marco Grande Arbitro di Gioco Magazzino e la sua Simpsonspedia (io mi limiterò a commentare solamente ogni intermezzo). Come dicevo, nei tre intermezzi la più grossa citazione è al bellissimo film "La Mosca", di David Cronenberg, ma gli altri non sono da meno, e rappresentano bene l'anima di questi special, e quindi ecco cosa ne penso della quarta puntata della nona stagione.

I miei diari della scuola

Post pubblicato su Pietro Saba World il 11/09/2018 Qui - Alcuni blogger (non ricordo quanti e chi sinceramente) ci hanno già pensato e l'hanno realizzato un post del genere, un post fatto per far conoscere e voler ricordare un periodo che molti rimpiangono (altri decisamente no, ma non io, che indietro nel tempo ci andrei volentieri per ritrovare i miei "vecchi" compagni, perlopiù amici, che hanno allietato un periodo sicuramente importante per tutti), ovvero quello riguardante la "carriera" scolastica di ognuno di noi, e tramite i propri (personali e non) diari. E siccome tra pochi giorni il nuovo anno scolastico comincerà, ho voluto proprio adesso, proprio in questo periodo, proporvi ciò, per far appunto un viaggio nei miei ricordi e farvi così sapere quali sono stati I miei diari della scuola, diari che, anche se li avrei voluto conservare, purtroppo non ho più in mio possesso (e in tal senso le foto sono state prese a titolo dimostrativo da internet). E tuttavia e nonostante questo, proprio non potevo dimenticare quali di questi diari sono stati i miei fedeli "compagni", soprattutto di "scarabocchio", dei miei anni di scuola, cominciati nell'anno 1990 e conclusi nel 2003, 13 anni in cui dopo un inizio sorprendentemente (ed apparentemente) tranquillo, anche perché a scuola volevo comunque andarci (i problemi arriveranno dopo che si capirà cosa significhi davvero l'istruzione), è finita come una liberazione, una liberazione dai compiti e dalla stessa scuola, mica per altro ovviamente. Ed eccovi quindi quali sono stati i miei strumenti di "appunti scolastici", i strumenti che ogni anno, almeno i più, sceglievano dal cartolaio di fiducia.

Aliens vs Predator

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/10/2018 Qui - Dopo aver rivisto tutti i film della saga di Alien, compreso l'ultimo film (qui) e soprattutto la saga spin-off di Aliens vs Predator, avevo voglia di "vendetta", avevo voglia di ammazzare un po' di Alien, e così (grazie anche ad un'imperdibile offerta) ho acquistato l'omonimo gioco sparatutto Aliens vs Predator del 2010, e me ne sono praticamente innamorato, o almeno, mi sono tanto divertito e ne sono rimasto molto colpito, giacché è stata la prima volta (non ho mai acquistato titoli precedenti) che mi sono ritrovato di fronte ad un gioco che permetteva di impersonare tre "razze", un povero novellino appena reclutato nei marines coloniali, un coriaceo lucertolone alieno che proprio non vuole fare la cavia da laboratorio, e un predatore tanto potente quanto letale. E insomma è stato un "piacevole" intrattenimento, anche se poi la trama alla base della vicenda è abbastanza scarna e priva di grossi colpi di scena. I Predator (ultimamente al cinema), come al solito, girano per lo spazio seminando uova di alieno sui vari pianeti, per poi combatterli e mettere alla prova il loro valore di cacciatori. La situazione degenera quando le pericolose uova finiscono su un pianeta popolato da esseri umani: invece di scappare a gambe levate come il buon senso suggerirebbe, i nostri pronipoti iniziano a condurre esperimenti genetici sugli Aliens. Naturalmente questo non sarebbe un fanta-horror se le cose non peggiorassero irrimediabilmente, e quando questo accadrà avremo la possibilità di visitare le varie ambientazioni del gioco impersonando i tre protagonisti principali, assistendo così all'evolversi della vicenda dai loro punti di vista diametralmente opposti. L'avventura è suddivisa in vari livelli per ogni personaggio. Alla fine di ogni livello è possibile decidere se continuare con la stessa razza o giocare il prossimo livello con una delle altre due. Io l'ho fatto completando le tre campagne nell'ordine suggerito dal gioco (Marine, Alien e infine Predator), e ho fatto bene, anche perché solo in questo modo si può godere meglio la storia e assaporare il senso di potere che si prova a comandare creature sempre più forti e letali. Se la vicenda è uguale per tutti, assolutamente differente è il modo con cui questa viene vissuta (le tre diverse campagne proposte forniscono infatti una diversa prospettiva sull'unico filone narrativo) nei panni dei tre diversi personaggi controllabili (ognuna con particolari caratteristiche e abilità uniche).

The Awesome Adventures of Captain Spirit

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/10/2018 Qui - Quando tre anni fa i Dontnod pubblicarono per la prima volta Life is Strange, la loro avventura grafica ad episodi con protagoniste due teenager, non immaginavano quale sarebbe stata la portata di questo prodotto (è praticamente un capolavoro). Non immaginavano nemmeno il trionfo che sarebbe arrivato, così inaspettato che sull'onda dell'entusiasmo (ricevuto) hanno poi proposto (ricompensando il pubblico) una mini stagione prequel, Life is Strange: Before the Storm (che ancora mi manca), e infine hanno annunciato (nel 2017) il sequel Life is Strange 2. Tuttavia abbastanza inaspettatamente ecco arrivare (dopo una sorprendente rivelazione all'ultimo E3), e in forma completamente gratuita (su tutte le piattaforme), lo spin-off, più un'antipasto alla seconda stagione del franchise, intitolato The Awesome Adventures of Captain Spirit, una storia dalle dimensioni ridotte (ma intensa) che, sebbene non sia ambientata ad Arcadia Bay (la città teatro delle vicende dei due precedenti giochi) si inserisce nel medesimo universo. E quindi senza pensarci l'ho scaricato e ci ho giocato e ne sono piacevolmente affascinato, anche perché quella raccontata dagli sviluppatori è una storia qualsiasi ma che diventa unica perché pur nella sua immediatezza, semplicità e brevità, ci pone di fronte a frammenti di vita quotidiana ma al tempo stesso personale. La storia parla di Chris, un ragazzino dall'immaginazione molto fervida, che vive con il papà Charles. Capiamo fin da subito che la mamma è venuta a mancare da poco e che la convivenza fra i due non è semplice, sebbene si vogliano molto bene. Il gioco ci fa impersonare Chris in una sua giornata tipo: abbiamo una lista di cose da fare disegnata su un foglio di carta che contiene le attività tipiche di un ragazzino. La prima avventura si svolge di sabato mattina e apprendiamo che Natale è vicino, Chris vorrebbe uscire con il padre per comprare un albero di Natale, ma in tv c'è un importante match di Basket e quindi tutti gli impegni vengono rimandati al termine della partita. È in questa occasione che intuiamo i problemi di alcolismo dell'uomo e anche che tende a diventare violento dopo aver bevuto. L'obiettivo del gioco diventa quindi svolgere (in un'ambientazione ristretta ma "espandibile") le piccole azioni (missioni tutte frutto della fantasia di Chris che però, così, riesce a superare anche alcune sue paure ed a combattere la noia) sulla lista di cose da fare di Chris (tra easter egg e missioni "pericolose" da vincere) che ci permettono di scoprire maggiori dettagli della trama. Una trama che permette al protagonista e spettatore di divertirsi, riflettere e spaventarsi, non mancano infatti i momenti di tensione (come quelli esplorativi).

For Honor

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/10/2018 Qui - Nell'attuale panorama videoludico non esiste un gioco come For Honor (forse perché a giochi simili ci avrò giocato pochissime volte) e in un primo momento le sue meccaniche di gioco (quelle di un picchiaduro con elementi hack and slash) possono spiazzare l'utente. In tal senso questo titolo di Ubisoft (anch'esso regalatomi dalla suddetta piattaforma mesi fa) non è sicuramente per tutti, è un gioco che va capito, tenendo bene in considerazione che l'aspetto primario è il comparto multiplayer. Così tanto primario che è bene precisare che qualunque modalità andiamo ad affrontare necessita di una connessione costante alla rete. Fortunatamente però, anche se l'essenza di gioco la si trova solo affrontando l'online (cosa che in verità non ho del tutto apprezzato, giacché sopporto poco la modalità multigiocatore) For Honor include al suo interno anche una modalità single player. Una modalità, una campagna (che può essere affrontata anche in cooperativa, che è composta da tre capitoli, ognuno include al suo interno ben sei missioni, che ci portano a conoscere nel dettaglio le terre natie e il background delle tre fazioni coinvolte nell'eterno conflitto), che seppur è solo necessaria a introdurre le meccaniche di base e funzionante come lungo tutorial, è riuscito, almeno personalmente, a soddisfarmi. La trama infatti (che racconta la storia di un mondo dilaniato dal conflitto, a seguito di un cataclisma di proporzioni gigantesche, in cui dopo una flebile serenità la personificazione della guerra e l'antagonista indiscussa del gioco, Apollyon, fa scoppiare terribili e sanguinolenti scontri così per diletto), seppur manchevole di colpi di scena degni nota, è buona. Essa difatti (che tiene impegnato l'utente per circa 6 ore ad un livello normale di difficoltà, di più ovviamente in base alla difficoltà o se si vogliono ottenere tutti i collezionabili presenti nelle varie location) si lascia seguire molto piacevolmente. Certo, la ripetitività tra un livello e l'altro si sente, e in tal senso Ubisoft poteva osare di più per garantire una campagna molto più longeva e definita, ma a conti fatti, anche se la modalità serve solo come allenamento, che cerca appunto di preparare al meglio il giocatore per scendere successivamente sui campi di battaglia del comparto multiplayer (nel corso della campagna, infatti, conosceremo le varie fazioni, Vichinghi, Samurai e Cavalieri, e le classi, Avanguardia, Pesante, Assassino e Ibrido, presenti nel gioco con i loro punti di forza e loro debolezze), va benissimo così.

Need For Speed: Most Wanted

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 16/10/2018 Qui - Sono passati ben 24 anni dall'uscita del primo Need For Speed. In tutti questi anni la serie ha avuti diversi alti e bassi, ma uno dei titoli che ha riscosso più successo è stato senza dubbio Most Wanted nel 2005. EA decide nel 2012 perciò di riportare in vita lo storico capitolo affidando lo sviluppo a Criterion Games, già autori del precedente NFS: Hot Pursuit e della (magnifica) serie Burnout (soprattutto del penultimo capolavoro che fu Burnout Paradise). E in tal senso Need For Speed: Most Wanted (anch'esso ricevuto in regalo, in questo caso dalla piattaforma Origin più di un anno fa) più che essere considerato un reboot o un sequel, può essere considerato l'erede spirituale di Burnout Paradise, giacché i produttori rimangono fedeli al loro stile senza mezze misure (praticamente è come se avessero solamente aggiunto la presenza della polizia ed un parco auto su licenza), tanto che probabilmente il titolo doveva essere Need for Burnout. E tuttavia, anche se proprio per questo fatto che il suddetto (che figlio di alcune scelte concettuali discutibili è incapace di apportare incisive innovazioni al genere, giacché riprende sostanzialmente la stessa formula di gioco) non riesca a conquistare la vetta dei racing game, e nonostante alcuni difetti (su tutti la scelta rischiosa e non del tutto riuscita di un open world pienamente accessibile da subito), Need for Speed: Most Wanted è un titolo accattivante, divertente e dichiaratamente destinato agli amanti dei racing game di stampo arcade. Di certo non è un capolavoro ma l'intelaiatura è buona: un sistema di controllo semplice ed immediato, una città da esplorare a rotta di collo ed una modalità single player variegata che si affaccia in rete scardinando il confine tra gioco in solitaria e multiplayer (che purtroppo ho potuto provare raramente dati gli anni passati), e poi tecnicamente il gioco è di buona fattura, certamente più dello sciapo e passabile, sia per la storia (trita) che per il suo gameplay stucchevole, capitolo precedente, che non è stato Hot Pursuit, ma The Run, uscito in mezzo ai due, un episodio che non ha convinto pienamente, proprio per la sua lontananza dal mondo di Need for Speed e dalle caratteristiche tipiche di questi giochi. Certo, in verità questo nel complesso decisamente migliore non è (proprio per la sua strana fusione) ma almeno tutto il resto (in parte) è al posto giusto. Ma prima di sapere cosa sì e cosa no, ecco la trama, anche se una vera e propria non c'è, di NFS: Most Wanted, infatti veniamo immediatamente catapultati per le strade dell'immaginaria città di Fairheaven, e il nostro scopo sarà quello di scalare la classifica dei 10 Most Wanted e conquistare le loro macchine (di queste 31, tutte con licenze ufficiali, possono essere sbloccate semplicemente trovandole per strada, in tal senso la città e i dintorni sono liberamente esplorabili). Naturalmente non sarà un'impresa facile, e prima di poter sfidare questi particolari piloti e i loro bolidi dovremo guadagnare diversi Speed Point. Questi potranno essere acquisiti in diversi modi, come sfrecciare ad alta velocità davanti ai vari autovelox sparsi per la mappa o esibirsi in lunghe derapate, ma il modo più rapido è completare le sfide (che si dividono in 4 tipi principali, gare classiche, di velocità, circuiti e imboscate da cui sfuggire) legate ad ogni macchina presente nel gioco.

Assassin's Creed IV: Black Flag

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 18/09/2018 Qui - Correva l'anno 2007 e l'utenza videoludica si preparava a fare un salto nella storia, con un certo interesse aggiungerei, preparandosi ad affrontare avventure virtuali contro ogni sorta di nemici, balzando tra epoche storiche di rinomato spessore. Ora, a distanza di 11 anni, la Ubisoft non ha ancora smesso, e credo mai smetterà, di proporci ogni anno il suo nuovo Assassin's Creed, e quindi di vestire ancora una volta i panni dell'assassino provetto e di ributtarci a capofitto nella sua epica storia, che quest'anno appunto ha visto la luce per l'undicesima volta con il titolo Odyssey. Tuttavia io, non sono riuscito a stare al passo (i prezzi sempre più esorbitanti hanno frenato gli acquisti), e oggi vi parlerò del suo ultimo a cui ho giocato, ovvero il sesto capitolo di questa strabiliante saga videoludica intitolato Assassin's Creed IV: Black Flag, titolo del 2013 che incredibilmente, e fortunatamente proprio prima che stavo finalmente per comprarlo, è stato dato in omaggio mesi fa dalla piattaforma ludica di Ubisoft, anche se nella versione standard (cosicché per me che ho sempre completato il gioco al 100%, ho dovuto "rinunciare" a farlo). E quindi dopo essere stati Altair Ibn-La'Ahad, Ezio Auditore, Connor Kenway ed in parte anche Aveline (nello spin-off a cui ho anch'io giocato), è arrivato il momento di vestire i panni del pirata, più precisamente di Edward Kenway e calarsi nei meravigliosi Caraibi ricreati ad hoc da una Ubisoft sempre capace di reinventarsi ogni volta. E in tal senso va dato merito allo sviluppatore francese di come ogni release riesca a tirare su le sorti di un titolo che porta quasi una cadenza semestrale. Certo, anche questa volta ci si ritrova di fronte all'ennesimo Assassin's Creed e a varianti di formule stra-riciclate, eppure come ogni anno (come ogni volta) l'appeal creato da questa saga è talmente alto da essere sempre apprezzato sia dalla critica che dai giocatori. Io personalmente dopo il non esaltante (ma comunque alquanto affascinante) Assassin's Creed III mi aspettavo un cambio di rotta netto, ma che così drastico purtroppo non è stato, anche se questo Assassin's Creed IV: Black Flag risulta comunque uno dei migliori esponenti del franchise. Forse il picco massimo raggiunto dopo il secondo ed inarrivabile capitolo (a cui sono davvero molto affezionato).

La mia collezione di Topolino

Post pubblicato su Pietro Saba World il 02/08/2018 Qui - Quasi un anno fa, anzi, praticamente un anno fa, era il 3 agosto (qui) vi parlai di come e perché il Topolino era il mio passatempo estivo. Un passatempo che tuttavia non ho più ripreso in modo costante, ma che ultimamente ha trovato nuova linfa in me grazie anche a tanti post sull'argomento di alcuni amici blogger, che come me hanno sempre avuto una passione smodata per questo "classico" dei fumetti, un classico che ha tenuto compagnia a tante generazioni di appassionati. E così dopo aver spulciato nella mia libreria alla ricerca di questi fumetti, ho deciso di farvi vedere la mia collezione attraverso delle immagini scannerizzate della loro copertina, copertina che negli anni ha subito alcune modifiche, ma che rimangono sempre e comunque marchi distintivi di questo genere di passatempo letterario. Collezione che conta (e da quello che so nessuno è stato mai buttato, ma così sicuro purtroppo non sono) 80 Topolino, che raggruppa un arco lungo di 12 anni. Il primo numero infatti è del 1996, il numero 2119 del 9 luglio, un numero a cui sono legato proprio perché era estate e non avendo niente da leggere scelsi proprio il Topolino per una lettura non impegnativa. L'ultimo numero invece è del 2008, il numero 2760 del 21 ottobre, un numero speciale quello con Wall-E, film che ho adorato parecchio, che ha segnato però la fine. Una fine tuttavia solo cartacea, giacché ho letto altri numeri successivi (anche ultimamente) in modo digitale, ma questo è un altro discorso, ora concentriamoci sui numeri cartacei, a cui aggiungerò alcune news, e infine vedrete anche altre copertine di altri fumetti che ho trovato nella mia libreria, piena soprattutto di videogiochi (a cui dedicherò forse un post però più in là).

Geekoni Film Festival: Labyrinth - Dove tutto è possibile (1986)

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 20/07/2018 Qui - Nel 1986 avevo appena un anno, e il cinema non sapevo neanche cosa fosse, negli anni ho visto poi migliaia di film, ma non quest'opera, che ho scelto finalmente di vedere in occasione del Geekoni film festival organizzato tra alcuni amici blogger e finalizzato alla scoperta e/o riscoperta di film per ragazzi (la lista completa dei partecipanti la troverete a fine post con annessi i link di chi ha già partecipato), un'opera davvero strabiliante che seppur dimostra tutti i suoi anni, anche a causa di qualche momento di stanca, sa ancora stupire ed emozionare per buona parte della visione. Così tanto che se l'avessi visto da bambino o ragazzo probabilmente sarebbe diventato per me un cult, sarebbe divenuto un mio capolavoro personale (anche se in parte lo è, seppur non cinematograficamente parlando, comunque per molti). E allora me lo son visto, per la prima volta, a 33 anni suonati. Probabilmente non è l'età giusta per guardare un film, Labyrinth: Dove tutto è possibile (Labyrinth), film fantastico del 1986 diretto da Jim Henson (maggiormente conosciuto per essere l'inventore dei Muppets), che ha ben altro target di pubblico, ma allo stesso tempo alla mia età si vedono meglio i pregi e i difetti di un film che all'epoca avrà certamente entusiasmato, divertito ed emozionato milioni di bambini, ragazzi e probabilmente adulti. Cosa che in parte è successo anche a me, perché Labyrinth, prodotto da George Lucas e scritto da Terry Jones (uno dei fondatori dei Monthy Python), se da un punto di vista puramente visivo è un gioiellino, da un punto vista puramente cinematografico è davvero un bellissimo e fantastico film, dopotutto vedere questo film è come leggere una fiaba dei fratelli Grimm: un film dolce, semplice, ma che fa veramente sognare. Non a caso solo un bambinone mai cresciuto come Jim Henson (i suoi Muppets, tra show e film, sono ormai un cult dell'immaginario collettivo) poteva portare sul grande schermo un film che parla del difficile passaggio dall'adolescenza spensierata all'età adulta piena di responsabilità. Lo fa nel modo più consono, con leggerezza, attingendo a tutta la letteratura che tratta l'argomento, come Il Mago Di Oz e Alice Nel Paese Delle Meraviglie, e ambientandolo proprio nel mondo delle fantasie dei bambini, pieno di magia, pupazzi, creature fantastiche e orribili allo stesso tempo.

Watch Dogs

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 19/06/2018 Qui - Non so, sarà stato forse un bug, sarà stato lo stesso sistema di gioco, ma ho trovato parecchie difficoltà a giocare a Watch Dogs, videogioco action-adventure (sviluppato da Ubisoft Montréal) del 2014. Il gioco infatti, avuto in regalo mesi fa dalla piattaforma Uplay, non mi ha permesso di cambiare e personalizzare i comandi, e si sa che se quando si gioca soprattutto dal PC non avere la possibilità di farlo penalizza la giocabilità, o almeno per me (viste soprattutto le mie "leggere" difficoltà manuali) è stato così. Anche se in ogni caso, dopo essermi adattato in qualche modo (nonostante tanti bottoni da destra e sinistra e soprattutto alcune "combo" fastidiose) sono riuscito a giocare e anche con discreti risultati, anche perché il gioco, nonostante alcuni difetti, è riuscito comunque a divertirmi, non tantissimo in verità ma sufficientemente. Watch Dogs difatti, di cui c'è già un sequel e il terzo è stato annunciato all'E3 del 2018 (a tal proposito anche questo fu annunciato all'E3, ma nel 2012), che mi ha comunque deluso per alcuni aspetti, è un gioco molto interessante, innovativo e solido, anche se imperfetto. Ma per comprendere, conoscere e sapere meglio partiamo dal principio, ed analizziamo tutti i dettagli. Partiamo ovviamente dalla componente narrativa, che sostanzialmente gira intorno alla (classica) vendetta, nuda e cruda. Il nostro alter ego (Aiden Pierce) è infatti tormentato dalla perdita della nipote, perdita causata dalle nostre attività illegali da hacker e ladro informatico, ovviamente questo non fa altro che farci arrabbiare ancora di più e ci lanceremo quindi alla ricerca di chiunque si sia macchiato di tale omicidio. Peccato che nonostante la trama (tuttavia prevedibile) riesce comunque a tenere vivo l'interesse in chi sta giocando, anche solo per scoprire come l'epopea della famiglia Pierce andrà a finire, lo sviluppo quasi sempre lineare e classico non aiuta, perché nonostante l'argomentazione particolare (l'hacking ricoprirà un ruolo fondamentale) in ciò i personaggi, pur essendo dotati di una discreta dose di carisma, non raggiungono quasi mai quella carica emotiva che ci si aspetterebbe da un gioco con una componente narrativa così forte. Certo, la trama è solamente uno strumento a servizio di una giocabilità che tuttavia offre qualcosa di variopinto e divertente nel mondo degli open world, mi riferisco ovviamente al sistema di hacking, ma mi aspettavo qualcosa in più.

Very Pop Blog - Le mie estati del passato

Post pubblicato su Pietro Saba World il 12/06/2018 Qui - Si sa, l'estate è forse il periodo più bello dell'anno, o almeno per bambini lo è sicuramente, certamente lo è stato per noi nati negli anni '80, noi che abbiamo nel decennio successivo vissuto estati indimenticabili. E' per questo che il nostro fedele amico Miki del Moz O'Clock, per ricordare quel fantastico periodo, ha deciso di proporre questo post, questo Tag, che consiste nel:

1 - Elencare tutto ciò che è stato un simbolo delle nostre estati da bambini, in base ai vari macroargomenti forniti;
2 - Avvisare Moz dell'eventuale post realizzato, contattandolo in privato o lasciando un commento sul suo blog.
3 - Taggare altri cinque bloggers, avvisandoli.

E quindi, nonostante molte cose ho già detto, cose che sicuramente qui ripeterò (altre invece abbastanza "nuove"), ecco LE MIE ESTATI DEL PASSATO.


GIOCO IN CORTILE
Di mattina o pomeriggio era indifferente, quando potevo scendevo di casa e giocavo con gli amici del quartiere a nascondino e/o calcio. Mentre la bicicletta, non sempre avuta e non sempre a disposizione in paese, la usavo davvero poco.

GIOCO IN SPIAGGIA
Ero un bambino abbastanza "standard", anche se pistole ad acqua i miei genitori non mi compravano, usavo semplicemente infatti paletta e secchiello, e con la sabbia al massimo ci facevo le polpette. Tuttavia giocavo spesso a racchettoni, anche se non erano mai i miei.

Deus Ex: Mankind Divided

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 08/05/2018 Qui - Dopo l'ottimo Human Revolution (pessimo invece fu il suo spin-off The Fall), era lecito aspettarsi che Eidos Montreal avrebbe innalzato Mankind Divided (sesto ed ultimo forse capitolo della saga Deus Ex), partendo proprio dalle solidissime basi gettate dal suo predecessore (di cui questo è il sequel diretto). E in effetti, non solo tutti gli aspetti migliori della produzione sono ancora lì, ad incastrarsi perfettamente l'uno con l'altro, ma gli spigoli del vecchio capitolo (pochi a dir la verità) sono stati smussati per trarre il meglio da questa prima incarnazione del franchise sull'attuale generazione. Il background, l'aspetto esplorativo e la meravigliosa contestualizzazione delle ambientazioni sono infatti tutti elementi che risultano più che mai efficaci nel trascinarci in un mondo vivo e credibile. Dopotutto i quattro anni intercorsi tra Human Revolution e questo Deus Ex: Mankind Divided hanno permesso ai produttori, di lavorare alacremente di ottimizzazione e rifinitura, presentandoci, a tutti gli effetti, una versione 2.0 di Human Revolution, arricchita e trasportata all'ennesima potenza, riuscendo nell'impresa di regalarci nuovamente una delle esperienze videoludiche migliori degli ultimi anni. Una trama degna di un kolossal hollywoodiano, piena di risvolti umani, sociali e di spunti di riflessione sul mondo in cui viviamo, ci condurrà attraverso le oltre venticinque ore di gioco necessarie per completare debitamente Mankind Divided (che i fan del genere cyberpunk non si saranno fatti certo scappare, anche se ho aspettato di comprare da Steam la versione completa) trama che, unita ad una giocabilità e ad una libertà di azione fuori dal comune, ci consegna un gioco praticamente e graficamente appagante. Tuttavia oltre a una trama davvero accattivante, Deus Ex: Mankind Divided nasconde un gameplay in grado di unire diversi generi in un'avventura più stealth che action. Ma ecco in ogni caso quali sono i punti di forza, e quelli deboli (perché seppur pochi ci sono comunque), della nuova fatica di Square Enix.

Geek League: La mia compilation Geek

Lista pubblicata su Pietro Saba World il 21/03/2018 Qui - Dopo un'assenza lunga più di un mese (qui la mia scheda e qui il mio oggetto geek), finalmente la combriccola dei Nerd/Geek fondata dal sempre attivo Moz, si è nuovamente riunita, ed ha deciso di proporre questa volta una minicompilation personale tematica generale (sigla telefilm, sigla cartoon, sigla programma tv, colonna sonora film, videogame). E poiché non potevo mica esimermi nel farlo e giacché l'idea mi è piaciuta fin da subito, mi trovo qui oggi a proporvi i 5 pezzi/stacchi musicali delle 5 categorie. Cinque canzoni o musiche che nell'intera mia vita hanno segnato indelebilmente la mia memoria e la mia esistenza, a cominciare dal cinema.

Sinceramente non è stato facile decidere e scegliere tra le tante pellicole mie preferite la "mia" colonna sonora,
tuttavia per semplificarmi la scelta ho "solamente" preso in considerazione una delle mie saghe, anzi, la mia saga preferita in assoluto,
e quindi il risultato non poteva che essere quella composta da Alan Silvestri