venerdì 19 luglio 2019

Amnesia: A Machine for Pigs

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/07/2019 Qui
GenereAmnesia: A Machine for Pigs è un survival horror in prima persona sviluppato dalla compagnia indipendente britannica The Chinese Room nel 2013, alla quale toccò il compito di dare un seguito al primo Amnesia, The Dark Descent, prodotto dalla Frictional Games nel 2010.
Trama: Il protagonista del quale si vestono i panni è il ricco industriale Oswald Mandus, che si risveglia privo di memoria nella sua dimora londinese, nel capodanno del 1899. Il protagonista parte alla ricerca dei suoi due figli, e nel suo viaggio attraversa l'enorme impianto sotterraneo che costituisce il cuore della sua industria. Proprietario di un mattatoio, Mandus ha infatti iniziato la costruzione di una Macchina dopo una misteriosa spedizione in Sud America. Nell'esplorazione dei livelli vengono raccolti abbastanza indizi per ricostruire una storia complicata e volutamente confusa, che fa riferimento agli orrori del XIX secolo rappresentando un'umanità mandata al macello dalla Macchina, inserendo l'orrore in un contesto steampunk vittoriano.
Recensione: Non era assolutamente facile realizzare il seguito di uno dei videogiochi più spaventosi di sempre, ed infatti colpa di alcuni cambiamenti produttivi e non, qualcosa non ha funzionato in A Machine for Pigs. Come il suo predecessore, egli si basa infatti sull'esplorazione di ambienti oscuri in cui risolvere piccoli enigmi, senza che vi sia alcuna possibilità di combattere i mostri, i quali sono particolarmente attratti dalla lanterna che avrete sempre con voi. Tutto ciò che potete fare è fuggire il più lontano possibile, alla cieca, mentre cercate di non farvi venire un infarto. Ma al contrario appunto del precedente, si ha la sensazione di giocare sì ad un gioco horror, ma non nel senso stretto del termine, diciamo più di terrore e sicuramente poco survival. Le differenze (positive in alcuni casi, negative in altre) col precedente capitolo della saga sono difatti piuttosto evidenti non solo dal punto di vista della sceneggiatura, ma anche da altro. La principale differenza sta in una sorta di, passatemi il termine, "casualizzazione" del gameplay operata dai Chinese Room (la nuova compagnia di produzione), che hanno eliminato alcuni dei tratti distintivi che avevano fatto la fortuna di Amnesia. Il primo a farne le spese è stato il sanity meter. Il protagonista può tranquillamente guardare in faccia gli orrori che gli si parano di fronte senza battere ciglio e passeggia nelle tenebre come se stesse andando a funghi. Questo, senza svelarvi niente, è in parte è giustificato dal suo background e dalla storia, basata maggiormente sul concetto di disumanizzazione dell'individuo nell'era della rivoluzione industriale che sul classico orrore senza nome che cerca di banchettare con la vostra carcassa, ma inevitabilmente finisce per togliere al gioco una delle caratteristiche più interessanti. Spariscono anche l'indicatore della salute, l'inventario e la possibilità di raccogliere e combinare oggetti, ma rimane il collezionare una serie di note che fanno da commento alla storia, che permettono a Mandus di recuperare la propria memoria e a noi di capire cosa gli sta passando per la testa. Questi cambiamenti hanno come risultato l'inevitabile impoverimento dei puzzle e, più in generale, dell'esplorazione. Tutto si risolve quasi sempre tirando una leva o posizionando al proprio posto un oggetto in giro per la stanza. Raramente il gioco porta a dover esplorare l'ambiente intorno, che difficilmente è qualcosa di più di un corridoio abilmente mascherato. Giocare a A Machine for Pigs è insomma un'esperienza molto più lineare rispetto al suo predecessore, terrificante, angosciante e ben scritta, ma lineare. Anche sugli spaventi ci sarebbe qualcosa da dire. Infatti la sensazione di pericolo è decisamente inferiore rispetto al passato. Ciò in parte è da imputare all'aspetto dei mostri, che per quanto brutti e aggressivi non sono certo spaventosi e determinati come quelli di The Dark Descent. Non ci seguono con la stessa cieca determinazione, non si è costretti a fuggire lontanissimi, bloccando ogni porta alle spalle, e si può tranquillamente guardare dove si trovano per evitarli. Anche se dover spegnere la luce per non farsi vedere porta a passare molto tempo al buio, con solo i loro grugniti a fare compagnia. Attenzione però, questo non vuol dire che A Machine for Pigs sia una passeggiata di salute, è comunque un titolo in cui lo spavento e la tensione sono abbondantemente sopra la media, e che pur avendo sacrificato qualche componente importante sul piano del gioco, ha guadagnato dal punto di vista della narrazione. L'unico vero motivo che mi ha spinto farmi una passeggiata a braccetto con le mie paure è stato infatti il voler scoprire la storia di Mandus, cosa si nascondeva dietro le sue visioni, che fine avevano fatto i suoi figli e, soprattutto, capire cosa sarebbe successo attivando il macchinario.

In conclusione, Amnesia: A Machine for Pigs sa come spaventare ma la voglia di spingere più sul lato narrativo e dell'esperienza fine a sé stessa ha portato i Chinese Room a disfarsi di componenti che davano quel tocco in più. Il risultato è un gioco con una buona storia ma impoverito nel gameplay e nella componente esplorativa, più un tunnel degli orrori del luna park che una vera esperienza terrificante. Ed è un peccato perché le premesse per una esperienza terrificante c'erano tutte, non solo il comparto grafico riesce a regalare effetti di luce ed ombra discreti, ma anche il sonoro riesce a fare bene il suo lavoro. Il colpo finale viene dato dalla longevità: si parla di circa 6 ore di gioco, in cui si muore probabilmente non più di una o due volte (esagerando). Ma nonostante ciò, si tratta comunque e sicuramente di un prodotto di enorme fascino, realizzato con cura per i particolari e dotata di una ambientazione steampunk pregevolissima. Paradossalmente però ha dimenticato alcune delle caratteristiche che avevano reso il predecessore un gran gioco, in primis l'angosciante sensazione di essere costantemente braccati da esseri mostruosi. A Machine for Pigs resta quindi una esperienza di gioco incapace di riproporre la freschezza di Dark Descent, rimanendo un esperimento ambizioso quanto incompleto, tuttavia da non sottovalutare.
Modalità di gioco: La storia è ambientata nello stesso universo narrativo del primo Amnesia, ma con personaggi e tematiche nuove. Non cambia la modalità di gioco, unicamente quella. Mentre la quasi totale assenza di un gameplay di sopravvivenza, rende il tutto, ironicamente parlando, un gran mortorio. Anche perché l'elemento horror non regge assolutamente il confronto col capostipite. Non bastasse che di punti deboli ha anche il sistema di salvataggio, che gli sviluppatori hanno previsto solo con il tasto di uscita dal gioco. Questo significa che non esistono checkpoint e che un crash del sistema equivale a perdere tutti i progressi fatti dall'ultima run. Insomma la differenza c'è e si vede.
Gameplay: Se la narrazione ha visto grandi migliorie rispetto a The Dark Descent, è sotto il profilo strettamente ludico che inoltre questo titolo non regge il confronto col capostipite. La struttura di fondo del gameplay è rimasta la medesima, con il nostro alter ego incapace di attaccare i nemici, preferendo sempre la fuga per poi riprendere l'esplorazione, ma in compenso molti elementi sono stati inspiegabilmente eliminati, primo fra tutti l'indicatore di sanità mentale. In The Dark Descent, assistere ad eventi sovrannaturali e osservare i nostri nemici provocava una rapida perdita di senno, al punto che si poteva andare in contro ad allucinazioni e svenimenti improvvisi. Niente di tutto ciò è più presente, così come non è più necessario usare con parsimonia la nostra lampada, visto che non necessiterà più di olio per funzionare, consentendoci di illuminare "vita natural durante" i cupi ambienti del gioco, senza che i nemici si accorgano della luce, a meno che non vi siano davvero molto vicini. Tutto ciò si sarebbe potuto accettare a fronte di una esperienza comunque di pari profondità, ma proprio qui A Machine for Pigs mostra il suo lato più carente: l'esplorazione è, se possibile, ancor più lineare del predecessore mentre gli enigmi sono diventati di una facilità ed immediatezza sconcertante, anche per via della mancanza di un inventario dove tenere oggetti chiave o simili. In questo modo purtroppo il nuovo Amnesia non stupisce granché, con un impianto ludico che si lascia più guardare che giocare, proponendosi di accompagnare il giocatore da un luogo all'altro per cercare di spaventarlo in modi sempre diversi.
Aspetto tecnico: Se graficamente A Machine for Pigs non fa certo gridare al miracolo per la complessità e la varietà dei suoi modelli poligonali (spesso un po' troppo riciclati), il suo riscatto avviene attraverso un buonissimo livello di dettaglio, con texture ricche di particolari e generalmente ben fatte, e un utilizzo di luci ed ombre sempre in grado di mantenere alto il livello di allerta del giocatore. Ma il vero punto di forza, capace di rendere comunque in minima parte terrorizzante l'esperienza del giocatore nonostante qualche caduta di stile strutturale, è senza ombra di dubbio la componente audio: se la qualità del doppiaggio si attesta su livelli già raggiunti da altre produzioni, è la varietà e la qualità dei suoni ambientali a colpire come un pugno nello stomaco il giocatore: versi innaturali, crepitii lontani, scricchiolii di tubature, scosse ed esplosioni improvvise, strumenti musicali suonati da entità invisibili. Buona anche la varietà delle ambientazioni proposte che, grazie ad alcune architetture di pregevole fattura, riesce a mantenere sempre viva l'attenzione del giocatore, nonostante un'ultima parte di gioco estremamente lineare e una durata complessiva dell'avventura abbastanza esigua.
Longevità: Ancor più bassa è rispetto al precedente, forse troppo, perché in 6 ore, forse meno se si ha dimestichezza con il genere, il tutto si è già completato. La rigiocabilità è invece inesistente.
Commento finale: Come si evince dalle cose scritte, questo capitolo di Amnesia non mi ha convinto tanto, sia per quanto riguarda la struttura di base del gioco, poco innovativa rispetto al capitolo precedente ma anche smorzata su toni decisamente meno survival horror. Anche nel comparto tecnico, questo capitolo trova grossi problemi con una modellazione generale che tutto sommato si lascia guardare, ma che poteva essere sviluppata decisamente meglio. Diciamo che il compitino a casa è stato fatto con bontà d'animo ma la resa generale non stupisce quasi per nulla. Restano decisamente buone l'utilizzo delle luci e delle ombre ma s'è visto di meglio, come nel caso dell'audio, efficace ma comunque solo sufficiente. E quindi Amnesia: A Machine for Pigs non riesce a decollare pienamente e si scontra, con estrema durezza, soprattutto con il precedente capitolo, The Dark Descent più che con altri survival. Non siamo neanche dalle parti del survival horror più spaventoso e inquietante, a dirla tutta. Comunque noioso non è, brutto neanche, ma ci si aspettava decisamente di più.
Consigliato: Agli amanti del genere oppure ai fan del franchise, nonostante tutto, è comunque consigliabile, ma non aspettatevi tanto.
Voto: 6

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