venerdì 19 luglio 2019

Titan Quest Anniversary Edition

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/07/2019 Qui
GenereTitan Quest Anniversary Edition è un gioco di ruolo d'azione in terza persona con ambientazione mitologica. Il giocatore veste i panni di un eroe, o di un'eroina, con la missione di salvare il mondo da gorgoni, minotauri, arpie e altre creature poco amichevoli, finite al soldo dei titani. Il tutto si traduce nel classico ottenere quest nelle città per partire poi all'avventura nelle ampie mappe che compongono il mondo di gioco.
Trama: Pur partendo da uno spunto interessante, la trama si rivela presto essere soltanto un mero pretesto per spingerci a massacrare orde di nemici come in qualsiasi altro gioco di questo genere. Un breve filmato introduttivo ci introduce alla vicenda, spiegandoci come un potere oscuro stia minacciando il mondo, impedendo la comunicazione fra il genere umano e gli Dei. Questo ha portato al proliferare sulla Terra di creature ancestrali ed ostili, le quali minacciano costantemente il proliferare della civiltà. Spetterà al nostro eroe il compito di salvare baracca e burattini, partendo per una missione che vede come obiettivo quello di sconfiggere i Titani colpevoli del misfatto.
Recensione: All'incirca tredici anni fa faceva la sua comparsa Titan Quest, un action RPG con visuale dall'alto che cercava di diventare una valida alternativa a tanti altri hack and slash dell'epoca. Complice un periodo di magra per il genere, il titolo di Iron Lore fu accolto più che discretamente da giocatori e stampa specializzata. Grazie alla maggiore enfasi sul lato narrativo, unito a nemici e ambientazioni sempre più d'impatto, che vanno dalla Grecia, all'Egitto fino all'Estremo Oriente, Titan Quest è pian piano diventato una pietra miliare. Nonostante la mancanza di una vera innovazione delle meccaniche, dove si "macinano" nemici su nemici per completare le missioni, ottenere equipaggiamento sempre migliore e avanzare nell'avventura, il gioco ha racimolato nel tempo una schiera non indifferente di appassionati. Peccato solo che fu fin troppo sottovalutato all'epoca. Infatti nel 2006 Titan Quest non aveva avuto il successo sperato, di conseguenza la Iron Lore era fallita. Successivamente i diritti del gioco sono stati acquistati dalla THQ Nordic che ha dato una spinta agli sviluppatori convincendoli a mettersi nuovamente in gioco con questo titolo. Come? Non tramite una rimasterizzazione. Non possiamo infatti parlare di una vera e propria versione rimasterizzata in questo Titan Quest Anniversary Edition, ben sì di una rivisitazione del gioco che offre tantissimi cambiamenti. Innanzitutto questo Titan Quest Anniversary Edition comprende anche il DLC: Immortal Throne che va ad aggiungere svariate ore di gioco fino ad arrivare a un complessivo di settanta ore per finire Titan Quest (senza contare la ore per trovare alcuni degli oggetti nascosti), esistono ancora giochi che durano più di dieci ore di gioco. La risoluzione di gioco è stata resa scalabile fino al più usato 1920 x 1080, cosa molto utile ai fini della giocabilità e della visibilità degli oggetti, risulta piacevole da vedere e il gameplay ne giova molto, soprattutto il combattimento. Il livello di difficoltà è stato leggermente aumentato per regalare ai videogiocatori un più alto livello di sfida e sono state aggiunte tantissime novità a livello di boss e oggetti da trovare. La storia rimane la stessa, ma la sostanza è molto più soddisfacente. Anche se nelle fasi iniziali la narrazione è lenta, ci vorrà qualche ora per arrivare al nocciolo della questione, ma, anche così, non si può certo dire che le vicende narrate siano particolarmente interessanti. La presenza di personaggi storici come Re Leonida o di luoghi affascinanti come le città di Melfi e Corinto, inserite nel primo atto del gioco, non viene sfruttata a dovere, rendendo l'intero canovaccio un'incessante avanzata da un luogo all'altro, privo di guizzi particolarmente interessanti. Da un gioco di ruolo hack and slash, forse, non ci si poteva aspettare molto di più, ma è comunque un peccato vedere come tutti gli spunti offerti dalle mitologie dell'antichità siano andate (nuovamente) sprecate dal punto di vista narrativo (per quanto riguarda il lato estetico, invece, è tutto un altro discorso, fortunatamente).

Amnesia: A Machine for Pigs

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/07/2019 Qui
GenereAmnesia: A Machine for Pigs è un survival horror in prima persona sviluppato dalla compagnia indipendente britannica The Chinese Room nel 2013, alla quale toccò il compito di dare un seguito al primo Amnesia, The Dark Descent, prodotto dalla Frictional Games nel 2010.
Trama: Il protagonista del quale si vestono i panni è il ricco industriale Oswald Mandus, che si risveglia privo di memoria nella sua dimora londinese, nel capodanno del 1899. Il protagonista parte alla ricerca dei suoi due figli, e nel suo viaggio attraversa l'enorme impianto sotterraneo che costituisce il cuore della sua industria. Proprietario di un mattatoio, Mandus ha infatti iniziato la costruzione di una Macchina dopo una misteriosa spedizione in Sud America. Nell'esplorazione dei livelli vengono raccolti abbastanza indizi per ricostruire una storia complicata e volutamente confusa, che fa riferimento agli orrori del XIX secolo rappresentando un'umanità mandata al macello dalla Macchina, inserendo l'orrore in un contesto steampunk vittoriano.
Recensione: Non era assolutamente facile realizzare il seguito di uno dei videogiochi più spaventosi di sempre, ed infatti colpa di alcuni cambiamenti produttivi e non, qualcosa non ha funzionato in A Machine for Pigs. Come il suo predecessore, egli si basa infatti sull'esplorazione di ambienti oscuri in cui risolvere piccoli enigmi, senza che vi sia alcuna possibilità di combattere i mostri, i quali sono particolarmente attratti dalla lanterna che avrete sempre con voi. Tutto ciò che potete fare è fuggire il più lontano possibile, alla cieca, mentre cercate di non farvi venire un infarto. Ma al contrario appunto del precedente, si ha la sensazione di giocare sì ad un gioco horror, ma non nel senso stretto del termine, diciamo più di terrore e sicuramente poco survival. Le differenze (positive in alcuni casi, negative in altre) col precedente capitolo della saga sono difatti piuttosto evidenti non solo dal punto di vista della sceneggiatura, ma anche da altro. La principale differenza sta in una sorta di, passatemi il termine, "casualizzazione" del gameplay operata dai Chinese Room (la nuova compagnia di produzione), che hanno eliminato alcuni dei tratti distintivi che avevano fatto la fortuna di Amnesia. Il primo a farne le spese è stato il sanity meter. Il protagonista può tranquillamente guardare in faccia gli orrori che gli si parano di fronte senza battere ciglio e passeggia nelle tenebre come se stesse andando a funghi. Questo, senza svelarvi niente, è in parte è giustificato dal suo background e dalla storia, basata maggiormente sul concetto di disumanizzazione dell'individuo nell'era della rivoluzione industriale che sul classico orrore senza nome che cerca di banchettare con la vostra carcassa, ma inevitabilmente finisce per togliere al gioco una delle caratteristiche più interessanti. Spariscono anche l'indicatore della salute, l'inventario e la possibilità di raccogliere e combinare oggetti, ma rimane il collezionare una serie di note che fanno da commento alla storia, che permettono a Mandus di recuperare la propria memoria e a noi di capire cosa gli sta passando per la testa. Questi cambiamenti hanno come risultato l'inevitabile impoverimento dei puzzle e, più in generale, dell'esplorazione. Tutto si risolve quasi sempre tirando una leva o posizionando al proprio posto un oggetto in giro per la stanza. Raramente il gioco porta a dover esplorare l'ambiente intorno, che difficilmente è qualcosa di più di un corridoio abilmente mascherato. Giocare a A Machine for Pigs è insomma un'esperienza molto più lineare rispetto al suo predecessore, terrificante, angosciante e ben scritta, ma lineare. Anche sugli spaventi ci sarebbe qualcosa da dire. Infatti la sensazione di pericolo è decisamente inferiore rispetto al passato. Ciò in parte è da imputare all'aspetto dei mostri, che per quanto brutti e aggressivi non sono certo spaventosi e determinati come quelli di The Dark Descent. Non ci seguono con la stessa cieca determinazione, non si è costretti a fuggire lontanissimi, bloccando ogni porta alle spalle, e si può tranquillamente guardare dove si trovano per evitarli. Anche se dover spegnere la luce per non farsi vedere porta a passare molto tempo al buio, con solo i loro grugniti a fare compagnia. Attenzione però, questo non vuol dire che A Machine for Pigs sia una passeggiata di salute, è comunque un titolo in cui lo spavento e la tensione sono abbondantemente sopra la media, e che pur avendo sacrificato qualche componente importante sul piano del gioco, ha guadagnato dal punto di vista della narrazione. L'unico vero motivo che mi ha spinto farmi una passeggiata a braccetto con le mie paure è stato infatti il voler scoprire la storia di Mandus, cosa si nascondeva dietro le sue visioni, che fine avevano fatto i suoi figli e, soprattutto, capire cosa sarebbe successo attivando il macchinario.

Amnesia: The Dark Descent

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/07/2019 Qui
GenereAmnesia: The Dark Descent è un gioco di genere survival horror prodotto dalla Frictional GamesAmnesia, ispirato al racconto "L'estraneo" di Lovecraft, uscì nel 2010 su piattaforma Steam per PC e successivamente portato anche su sistemi operativi Mac e GNU/Linux.
Trama: Daniel, un ragazzo londinese, si sveglia in una grande sala di un castello lugubre e buio. Non ricorda nulla: né dove si trovi né perché si trovi lì, ricorda solo il suo nome. Seguendo delle tracce raggiunge delle lettere che si scrisse lui stesso prima di bere la pozione Amnesia per perdere la memoria. Scopre così di essere inseguito da un'entità immateriale e immortale, ma al contempo molto pericolosa: l'Ombra. Non può combatterla, può solo cercare di sfuggire da lei e dai suoi servi che vagano per il castello di Brannenburg. Il suo scopo è quello di sconfiggere il conte Alexander prima che ottenga la vita eterna e per farlo dovrà esplorare il castello, trovandosi faccia a faccia con i terribili ricordi nascosti nella sua mente che l'hanno spinto a dimenticare.
Recensione: Il gioco mi è piaciuto veramente molto per degli aspetti che non avevo mai incontrato prima in altri giochi (anche se di giochi simili mai giocato, a parte adventure di altro genere ed a parte Alien vs Predator che era però anche un FPS, così come lo erano Left 4 DeadDead Island e Dead Space) e che contribuiscono a favorire il suo lato horror: per esempio l'aggiunta dello stato di sanità mentale dove il povero Daniel, se lo lascerete camminare al buio, andrà fuori di testa e comincerà a vedere tutto sempre più distorto fino ad accasciarsi al suolo con un fischio continuo finché non troverete una fonte di luce da fissare. Poi il fatto di essere in prima persona e avendo il puntatore a "manine" che a seconda del tipo di mano che compare puoi compiere diverse azioni (raccogliere, spostare, ruotare), c'è una grossa interazione con la maggior parte degli oggetti che si trovano in giro: si può infatti prendere in mano quasi tutto quello che troviamo, trasportarlo in giro, ruotarlo per posizionarlo come vogliamo e anche lanciarlo via (mi divertivo troppo quando entravo in una stanza per cercare qualcosa e prendevo tutte le sedie le casse e i barili e le lanciavo via solo per fare casino, oppure, cosa molto più utile, per barricare la porta in modo che il mostro non entrasse). Ma forse la cosa che ho apprezzato di più è appunto che tramite questa interazione con gli oggetti si può afferrare una porta e tenendo premuto il tasto del mouse, possiamo noi stessi scegliere di quanto aprirla se vogliamo prima osservare cosa c'è dall'altra parte. Stessa cosa anche con tutti i cassetti e soprattutto con le ante degli armadi quando ci nascondiamo dentro. Inoltre ci si può sporgere di lato e per esempio guardare dietro l'angolo alla fine di ogni corridoio. Infine la cosa che caratterizza questo gioco è il fatto di poter usare la propria mano solo per tenere la lanterna (ulteriore causa di panico quando l'olio sta per finire) ma non per usare armi. Quindi quando disgraziatamente si incontra una di quei vomitevoli mostri, o gli lanciate dietro la prima cosa che trovate (ma non ve lo consiglio perché sarebbe solo una perdita di tempo) oppure, scappate correndo come dei deficienti (non sto a raccontarvi tutto, ma quando si sente il verso del Brute si fa prima a suicidarsi). Passando ad alcune piccole critiche a questo gioco, gioco avuto in regalo quasi un anno fa da Steam ma solo adesso rispolverato, ho trovato un po' pallosetto dovermi leggere tutte le lettere che trovavo per capirci qualcosa della storia (infatti qualche punto me lo sono perso perché non avevo voglia di leggere). A proposito di storia, per certi versi la trama è abbastanza insignificante, con una totale assenza di climax, colpi di scena e lineare sia nelle atmosfere che nei contenuti dall'inizio alla fine, ma sviscerarla a fondo è comunque abbastanza interessante. Inoltre anche devo dire che mi immaginavo qualche scena di terrore in più. Ce ne sono state parecchie certo, una in particolare me la faccio addosso ogni volta che la rifaccio, però c'è stata buona parte del gioco in cui c'era solo l'ansia di trovare qualcosa quando alla fine era tutto tranquillo. In generale, però, non si tratta di difetti talmente gravi da rovinare il tutto: The Dark Descent è comunque un grandioso horror adventure.