giovedì 9 aprile 2020

Valiant Hearts: The Great War

Genere: Rompicapo, Avventura
Origine: Francia 2014
Sviluppo: Ubisoft Montpellier
Pubblicazione: Ubisoft
Tema: Prima guerra mondiale
Modalità di gioco: Giocatore singolo
Longevità: 8-10 ore

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/04/2020 Qui - Ci sono videogames che ti appassionano per l'adrenalina che ti offrono. Quelli nei quali ti immedesimi in un personaggio che senti a te vicino. E poi ci sono videogiochi che sono autentiche perle, opere d'arte in piena regola. Valiant Hearts: The Great War rientra a pieno titolo in quest'ultima categoria. Questo gioco è infatti un piccolo capolavoro (grazie Ema per avermelo fatto conoscere). E' un fumetto interattivo, di genere adventure, ambientato in Francia durante la Prima Guerra Mondiale. La trama, per quanto estremamente semplice e fin troppo spesso ricca di fortuite casualità, è molto poetica e coinvolgente. I vari protagonisti, nel corso del gioco si prendono le redini di quattro distinti personaggi (e il cane, non bisogna dimenticare il cane), sono carismatici ed è facile identificarsi con loro nel corso degli eventi. Come detto si tratta di un adventure, in cui i dialoghi sono sostituiti da fumetti e le esclamazioni appena abbozzate. L'unica voce narrante è quella che fa da contorno agli eventi del gioco e che narra la storia dei protagonisti e delle battaglie (vere) che si svolgono intorno ad essi. Gli enigmi sono piuttosto semplici e raramente ci si ferma a pensare al da farsi, anche quando le schermate in cui cercare o utilizzare gli oggetti sono tante (comunque alcune delle sequenze d'azione possono risultare frustranti se si perde il ritmo e si muore nello stesso punto più volte). Per chi sa andare oltre il gioco poi, Valiant Hearts offre una lezione di storia e umanità da cui imparare un messaggio importante sulla natura umana, sulla guerra e sulla pace, anzi, in certi momenti offre una lezione di storia vera e propria, di un periodo storico troppo spesso messo in secondo piano rispetto alla Guerra Mondiale successiva. L'interfaccia è immediata, ci sono anche dei momenti di azione molto intuitivi e, inutile negarlo, la trama scorre fluida dall'inizio alla fine aumentando il coinvolgimento e facendo volar via in un lampo le 10 ore di gioco richieste per completarlo.

Crysis 3

Genere: Sparatutto in prima persona
Origine: Germania 2013
Sviluppo: Crytek Frankfurt, Crytek UK
Pubblicazione: Electronic Arts
Tema: Fantascienza
Modalità di gioco: Giocatore singolo, Multiplayer
Longevità: 15-18 ore


Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/04/2020 Qui - Nel 2007 Crytek stupì il mondo videoludico con il suo Crysis, sia per la potenza visiva che per il gameplay. Come in Far Cry (non è un caso questo esempio, dato che all'epoca fu etichettato "il Far Cry con gli alieni"), le missioni di Crysis (in particolare quelle ambientate all'aperto) davano un senso di libertà di azione, ed era possibile sviluppare tattiche di attacco differenti a seconda della volontà del giocatore. Il protagonista era (ed è tutt'ora) dotato di una tuta all'avanguardia, un prototipo denominato "Nano Muscle Suit" da qui in poi chiamato "Nanotuta". Nell'anno 2011 l'arrivo di Crysis 2 lasciò i videogiocatori basiti, purtroppo in gran parte in negativo, sia per la maggiore linearità dell'ambientazione che per un livello tecnico decisamente scadente, per non parlare della totale assenza dell'editor di mappe multiplayer (presente invece nel primo capitolo): un capitolo che sembrava quindi più una demo tecnica che un prodotto a tutti gli effetti. Ed ecco che nel 2013 arriva Crysis 3 (io ovviamente in colpevole ritardo nel giocarci, a tutti i capitoli in verità), avranno aggiustato il tiro? Innanzitutto bisogna dire che Crysis 3 (terzo Crysis ufficiale, quarto considerando l'espansione Warhead) risulta essere decisamente un passo in avanti rispetto al secondo capitolo, il dare maggiore libertà d'azione e l'aggiungere alcune varianti tattiche interessanti è servito, tuttavia il confronto con il primo capitolo della serie è improponibile. Infatti, l'evirazione dell'editor di mappe nel multiplayer, il sonoro scadente e la sempre presente linearità lo vede sconfitto in favore del capolavoro del 2007 targato sempre Crytek. In ogni caso vediamo cosa si sono "inventati" il Crytek-Team per "divertire" il videogiocatore.

Life Is Strange: Before the Storm

Genere: Avventura grafica
Origine: USA 2018
Sviluppo: Deck Nine Games
Pubblicazione: Square Enix
Tema: Adolescenza
Modalità di gioco: Giocatore singolo
Longevità: 10-12 ore

Recensione pubblicata su Pietro Saba World il 09/04/2020 Qui - Cambiano gli sviluppatori, Deck Nine Games si prende infatti l'onere di salire sul palcoscenico dopo Dontnod Entertainment, cercando di aggiungere qualcosa alla storia di Dontnod, ma non riescono a generare la stessa magia. Vuoi per il cambio di prospettiva, vuoi per altro, però Before the Storm lascia un po' di amaro in bocca (il problema? sappiamo che è tutto già scritto). Saper raccontare bene una storia non è cosa da tutti, ma Life is Strange c'era in qualche modo riuscito. Non senza strascichi, ma portando a casa il risultato (quello ascrivibile al capolavoro). Ma saper raccontare bene una storia di cui tutti conoscono già il finale, beh, è un'altra storia (pochi ci riescono, Rogue One per esempio). La colpa più grossa di Before the Storm, in fondo, è proprio questa: dall'inizio alla fine si ha la consapevolezza di come andranno a finire le cose (in particolare, capita spesso di pensare che tanto alla fine il destino è già tracciato, e le scelte che si stanno prendendo sono alla fine irrilevanti) e vengono quindi giocoforza a mancare tutti i colpi di scena, i cliffhanger e gli espedienti narrativi di questo tipo che chi scrive può utilizzare per stendere chi legge (o gioca, in questo caso) la sua opera. Before the Storm inciampa sulla sua stessa natura: sapendo che di fatto è un filler, viene a mancare l'empatia. Come da titolo, le vicende raccontate sono quelle prima della tempesta al centro di Life is Strange, prima quindi del ritorno ad Arcadia Bay di Max. Viene di conseguenza a mancare l'elemento sovrannaturale, tanto più che la scelta di Deck Nine è quella di mettere il giocatore nei panni di Chole Price, partner in crime di Max in quello che ormai è il capostipite di un franchise di successo e ribelle ragazza ordinaria. A spalleggiarla, quella che nel corso dell'esperienza diventerà la sua nuova migliore amica (in luogo, appunto, di Max) e attorno alla quale graviteranno gli eventi del primo capitolo: Rachel Amber. Raccontare altro della trama sarebbe di fatto tagliare l'unico flebile filo che tiene insieme la produzione. Ma comunque non c'è molto altro da dire: Before the Storm cerca di fungere da riempitivo andando a raccontare come Chloe e Amber siano diventate amiche (conoscenza che comunque rimane ininfluente ai fini di Life is Strange) e ripropone qualcuno dei personaggi già visti nel primo capitolo, tenendoli in massima parte confinati sullo sfondo e con anche una defezione illustre che fa una sorta di cameo solo nel finale. Bene o male gli eventi sono quindi scollegati da quelli del sequel: si, il punto di vista di Chloe permette di affrontare da un'altra angolazione alcuni dei motivi che l'hanno spinta a diventare quella ragazza che si incontra nel bagno all'inizio di Life is Strange, ma la sensazione è che si tratti più che altro di sprazzi inseriti su disco per cercare di far empatizzare con la ragazza, più che perché funzionali al racconto.